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«Kit» anti-recessione a misura di piccoli

di Marco Biscella

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3 NOVEMBRE 2008

Saranno anche in arrivo maggiori garanzie sui confidi, il raddoppio della soglia per la compensazione automatica dei crediti fiscali e gli incentivi a chi reinveste gli utili nell'innovazione. Misure più che necessarie e che senza dubbio daranno alle imprese un po' di sollievo in vista di tempi che si preannunciano molto duri. Resta però il fatto che la crisi "da paura" che ha investito i mercati finanziari allungherà ombre minacciose sull'economia italiana e sui conti delle imprese, a partire dalle Pmi. Che si devono fin d'ora preparare ad affrontare l'anno prossimo non più un filante tracciato da Formula 1, bensì un percorso più sconnesso, tipico delle gare di rally. E dovranno quindi adattare lo stile di guida delle proprie aziende, se non vorranno finire fuori pista o ritrovarsi ad affrontare i pit stop per rifornirsi del credito necessario agli sportelli bancari in condizioni più difficili e a costi più elevati.

«I piccoli e medi imprenditori italiani sottolinea Claudio Devecchi, professore ordinario di Strategie e politiche aziendali all'Università Cattolica di Milano devono adottare una tecnica di guida stop and go: come in un rally, opportunità e ostacoli si palesano all'improvviso e dunque servono maggiore velocità di esecuzione e maggiore accelerazione».

In che senso? «In pratica spiega Devecchi nei momenti difficili un imprenditore diventa «pilota unico» della propria azienda, cioè accentra il più possibile le decisioni. Ma quando la crisi si farà più «cattiva», come quando si guida in montagna, a risultare decisivo sarà lo spunto del motore: le scelte andranno condivise con i propri collaboratori, che vivono i mercati in presa diretta». La velocità, dunque, si traduce in processo decisionale più rapido e condiviso. E l'accelerazione? «È la capacità della Pmi di mettere in pratica le decisioni assunte nel minor tempo possibile».

Fin qui la teoria, che va poi declinata con comportamenti concreti. Devecchi prova a elencarli, distinguendo tre «posizionamenti» aziendali, ipotizzati in base alla minore o maggiore vicinanza al cuore della recessione in arrivo (vedi tabella a fianco). «L'approccio è semplificato - precisa Devecchi - in quanto nella realtà le situazioni sono molto più variegate, ma vale comunque la pena cominciare ad attrezzarsi alla sfida».

Le prime a essere esposte agli effetti dello tsunami finanziario di questi mesi saranno le Pmi che lavorano nei settori business to consumer (B2c). I comportamenti virtuosi, secondo Devecchi, possono essere sintetizzati in due parole: «sangue freddo e mente lucida». «Occorre mantenere forti e vivi i propri storici punti di forza, perché è proprio in questi momenti che la tentazione, sbagliata, è di abbassare la qualità, comprare materie prime scadenti, mettere alla porta il personale, trattare male i clienti marginali. Sarebbe una disfatta economica. Proprio in questi momenti è vigile la "memoria del mercato", che sa distinguere chi lavora con strategie collaborative da chi pensa solamente a tirare i remi in barca. Questi ultimi rischiano di uscire dal mercato». In un secondo momento la crisi toccherà le Pmi che operano in settori più lontani dai consumi giornalieri. «I produttori di beni strumentali - aggiunge Devecchi - devono adottare una strategia ancora più favorevole al mercato: stare il più possibile vicino ai loro clienti, condividere le loro sorti, aiutandoli fin dove è possibile. Anzi, devono cercare di vedere oltre, utilizzando tutti gli strumenti e i sistemi direzionali disponibili in azienda. Capire, in altri termini, come stanno andando i clienti dei clienti e i fornitori dei fornitori. Questo consente di scorgereprima degli altri come si comporterà il mercato, potendo così mettere in pratica, con un vantaggio competitivo, le manovre correttive necessarie. Tutto ciò richiede il rafforzamento di sistemi informativi, controlli di gestione e strategie di marketing opportune».

Infine, la recessione morderà le Pmi che operano come coprotagonisti della componente di filiera in settori dove la commessa è pluriennale: anche a loro è richiesta una vigile attenzione. Perché? «Devono controllare in modo esasperato i costi, ma senza intaccare il valore che sono in grado di generare; alimentare la capacità dei collaboratori all'estero perché siano sempre più imprenditori interni e imprenditori di se stessi, così da trovare nuovi spazi commerciali; comprendere sempre meglio le caratteristiche competitive del settore di appartenenza o dellacommessa su cui lavorano per identificare le opportunità di vantaggio competitivo».
Insomma, le Pmi hanno notevoli probabilità di superare anche la crisi incombente se sapranno mettere in fila prima i problemi da affrontare e poi le azioni da intraprendere per risolverli con fermezza, lucidità e preparandosi per tempo.

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